Gli aspetti geomorfologici e climatici

L’Etiopia è contraddistinta da una straordinaria varietà di ambienti che spaziano dagli aspri rilievi montuosi che costellano il paese raggiungendo vette piuttosto considerevoli (il Ras Dashen, ad esempio, supera i 4500 m), sino ad arrivare all’inospitale depressione della Dancalia che, con i suoi – 125 metri s.l.m., costituisce l’area più bassa del continente africano.

Da un punto di vista geografico, il Paese è caratterizzato dalla presenza di un altopiano centrale di altitudine variabile che oscilla tra i 1300 e i 3000 metri sul livello del mare. Le pareti esterne del plateau, infatti, elevandosi ripidamente sulla pianura circostante, costituiscono delle vere e proprie catene montuose, interrotte in alcuni punti per il passaggio dei principali corsi d’acqua diretti verso il golfo di Aden. Tra i fiumi più importanti che caratterizzano la topografia dell’altopiano, c’è il Nilo Blu, che nasce nei dintorni del Lago Taka.

Tutta l’Etiopia è divisa diagonalmente in due (in direzione nord-est/sud-ovest) dalla Rift Valley, la vasta formazione geologica che dalla Siria si estende fino al Mozambico, e che rende il Paese instabile dal punto di vista tettonico. L’Etiopia è, infatti, particolarmente sensibile ai movimenti tellurici e ai fenomeni vulcanici.

Dal punto di vista dell’idrografia, l’altopiano costituisce un sistema idrografico importante, ma nei corsi d’acqua prevale il carattere torrentizio. L’altopiano etiopico manda la maggior parte delle sue acque al Mediterraneo attraverso il Nilo con corsi d’acqua (Abbai o Nilo Azzurro, Sobat, Atbara, Tacazzè, Setit) che descrivono ampie tortuosità e che solcano per un tratto l’altopiano prima di incassarsi in gole profonde, mentre quelli del versante opposto, tributari del Mar Rosso e del Golfo di Aden, hanno valli brevi e selvagge. Esiste poi una serie di bacini chiusi nella doccia affossata che divide i due altopiani; i due maggiori corsi d’acqua tributari di bacini interni sono l’Omo Bottego (830km), immissario del lago Rodolfo, e l’Auasc (694 km) che mette capo nel lago Abbè. L’esistenza di bacini chiusi ha agevolato la formazione di numerosi laghi. A tal proposito, il sistema lacustre viene solitamente diviso in tre sezioni: quella settentrionale, comprendente i laghi Zway, Langano, Abyata, Shala e Awasa, quella centrale, con i laghi Abbaya e Chamo e quella meridionale, con una parte del lago Rodolfo. Tuttavia, è nella metà meridionale della Rift Valley etiope che troviamo la maggiore presenza di laghi, anche di notevoli dimensioni. Al contrario, nella parte settentrionale del Paese, fatta eccezione per il lago Tana che costituisce lo specchio d’acqua più grande dello Stato, non ci sono formazioni lacustri di notevoli dimensioni.

Da un punto di vista paesaggistico, la flora presenta una notevole varietà di aspetti, dalla vegetazione densa delle zone a clima alpino a quella più rada dell’altopiano con una distribuzione discontinua di alberi e cespugli. Tuttavia, non ovunque si è conservata la fisionomia originale a causa soprattutto di un’imponente deforestazione che ha avuto luogo negli ultimi trent’anni (ormai, infatti, solo il 10-15% del territorio è coperto da foreste). Di tutto il territorio nazionale soltanto il 20% è adibito a uso agricolo nonostante quello potenzialmente arabile e sfruttabile sia molto di più. Una porzione considerevole del territorio è ad uso pascolo, mentre la percentuale rimanente è considerata infertile per l’agricoltura o per qualsiasi altro tipo di sfruttamento antropico. Il procedere della desertificazione, inoltre, aumenta la porzione di territorio reso inutilizzabile dalle condizioni atmosferiche.

Il sottosuolo etiope è poco ricco dal punto di vista minerario, si contano, infatti, soltanto poche riserve di oro, platino, e gas naturale. Il potenziale idroelettrico è invece notevole, ma altamente inutilizzato.

Alla varietà di paesaggi appena descritti, fa eco una grande varietà climatica, influenzata principalmente dalla conformazione morfologica del Paese più che dalla sua posizione a cavallo dell’Equatore. Nelle zone più alte troviamo climi abbastanza rigidi, che si stemperano negli altipiani di mezza altezza per arrivare alle temperature calde o addirittura torride delle zone desertiche e depresse.

Un tratto, invece, che l’Etiopia condivide con i paesi dislocati a livello dei tropici è la stagione delle piogge, che si concentra nei mesi estivi, cioè da giugno a settembre. Conosciute come le “grandi piogge” o Keramt in amarico, questo fenomeno è causato dallo spostamento dall’aria umida che dalla zona di alta pressione dell’Atlantico meridionale si muove nella zona di bassa pressione del deserto del Sahara e della Penisola araba. Tuttavia, ci sono anche le “piccole piogge”, conosciute come balg, che interessano la regione nel periodo compreso tra marzo e maggio e che sono causate dai venti monsonici che soffiano dall’Oceano indiano (Zewde, 2001).

Ad ogni modo, l’entità e la durata dei fenomeni varia molto a seconda delle zone e dell’altitudine, avendo forti ripercussioni sulle coltivazioni e sulla vegetazione, che in certi punti presenta tratti semidesertici, mentre in altri spiccatamente tropicali. In media durante l’anno cadono 750 mm di precipitazioni nelle regioni del Tigray e Amhara che salgono a 1000 mm in alcune aree dell’Oromia. Queste piogge sono molto importanti perché alimentando la sorgente del Nilo garantiscono fertilità e prosperità a tutti i paesi attraversati da questo fiume. Queste condizioni climatiche hanno permesso lo sviluppo di una grande varietà di flora, dalla vegetazione densa delle zone a clima alpino a quella più rada dell’altopiano con una distribuzione discontinua di alberi e cespugli.