Il quadro nosologico ed eziologico di Mekelle

Nel caso di Mekelle e delle zone limitrofe in cui si è concentrata l’analisi, la costruzione delle categorie nosologiche appare un processo multiforme, variegato e a volte contraddittorio, che riflette la particolarità storica del territorio etiope. In Etiopia, infatti, si sono incontrate nel corso dei secoli diverse tradizioni terapeutiche. Gli studi sulle conoscenze mediche etiopi hanno mostrato che “ci sono legami storici dell’Etiopia con le società semitiche del litorale del Mar Rosso, l’influenza centenaria della cultura medica greco-araba, e le esperienze prolungate della regione con uno stato centralizzato e con gli apparati ecclesiastici (Ortodossi Cristiani). Questi fattori hanno tutti fortemente influenzato la pratica della medicina in Etiopia” (Young 1982b: 30). Attualmente, soprattutto nelle aree urbane dell’Etiopia, molteplici tradizioni terapeutiche si intrecciano e coabitano tra di loro in varie situazioni. Queste tradizioni provengono da posti differenti, sia dall’interno del paese che dall’esterno. È il caso della diffusione delle medicine indiana e cinese, così come della biomedicina, che si è gradualmente imposta come la tradizione medica egemonica. Questa grande varietà di universi valoriali e pratiche di risanamento ha influenzato pesantemente l’insieme delle conoscenze e delle interpretazioni sulla salute e sulla malattia all’interno del contesto etiope ed ha portato alla costruzione di categorie nosologiche sfumate che si interpenetrano a vicenda.

Un primo dato importante che è emerso durante la ricerca è il fatto che la fistola ostetrica, quale categoria diagnostica, è un termine che alla maggioranza delle persone non evoca alcun significato. Soprattutto tra le fasce più povere e meno istruite della popolazione questa parola sembra non essere mai riecheggiata alle orecchie o se qualcuno la conosce, la riproduce con suoni totalmente stravolti, come “fastola” o “festola”, ignorandone tuttavia il significato.

Una maggiore conoscenza del termine, invece, si riscontra tra le categorie sociali più elevate o che occupano una posizione privilegiata nella gestione degli eventi patologici. Mi riferisco a tutti i professionisti della salute che compongono il multiforme sistema medico etiope, siano essi appartenenti al settore “folk” che a quello “professionale”. Questa distinzione venne operata da A.Kleinmann (1978, 1980) nella sua analisi dei sistemi medici quali sistemi culturali, avendo come base di riferimento il contesto della città di Taiwan.[1] La prima espressione si riferisce a tutti quei guaritori cui la comunità riconosce una conoscenza specializzata nel fronteggiare gli episodi di malattia, ma che non hanno ricevuto un riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni[2]. Il secondo campo, invece, comprende tutti quei terapeuti il cui sapere e la cui attività è inserita all’interno della medicina istituzionalizzata, che nel nostro caso si riferisce alla biomedicina.

[1] Kleinmann include anche un terzo settore che è quello “popolare”, cioè l’insieme delle credenze e delle pratiche ampiamente condivise all’interno di una comunità. Quest’arena include, quindi, il contesto familiare della malattia e della cura, così come i canali sociali e le attività comunitarie. Essa costituisce anche la prima area in cui si ricerca l’origine e la spiegazione della malattia e un suo possibile risanamento, facendo appello a quelli che A.Young chiama “rimedi casalinghi” (Young, 1976).

[2] Questa situazione è presente anche in Etiopia dove accanto alla medicina ufficialmente riconosciuta dal governo, in questo caso la biomedicina, e ai suoi operatori, convivono una serie di figure che hanno a che fare con la gestione della salute ma che fanno appello a conoscenze e a pratiche tradizionali, le cui concezioni sono ritenute “alternative” se non addirittura antitetiche rispetto al modello proposto dalla medicina occidentale. Tuttavia, questo universo di pratiche e di simbologie che viene racchiuso sotto la denominazione di medicina tradizionale, pur non avendo ricevuto un riconoscimento ufficiale da parte dello Stato, gode dell’approvazione e del sostegno della Chiesa Ortodossa Etiope, la chiesa ufficiale. Inoltre, come vedremo meglio analizzando in concreto le storie di vita, la medicina tradizionale è una risorsa indispensabile ed imprescindibile per la popolazione locale, perché rispetto a quella ufficializzata si presenta come “più accessibile, disponibile, accettabile e adattabile ai bisogni della popolazione locale” (Anynam, 1987).