La fistola ostetrica da disease a espressione della costruzione sociale degli operatori di cura tradizionali
In questo capitolo sarà affrontato un percorso di risignificazione della malattia, partendo dalle categorie biomediche in cui il modello esplicativo[1] occidentale elabora la fistola ostetrica, per arrivare ai modelli di costruzione locale del problema messi in atto dai soggetti istituzionali e non, che hanno a che fare con le politiche e con le pratiche di cura. Emergerà un universo variegato d’interpretazioni e di azioni in cui, accanto allo sguardo clinico della medicina ufficiale (la biomedicina) che opera una riduzione della patologia all’ambito biologico, convivono costruzioni e classificazioni del problema che attingono ad altri ordini causativi. Ogni soggetto e istituzione coinvolti nel processo di elaborazione sociale della malattia sono tesi nello sforzo di perpetrare una particolare visione del mondo che giustifichi l’assetto normativo e pratico entro il quale ognuno si trova a operare. Ad esempio, la pratica clinica rielabora la prospettiva del paziente giungendo a una diagnosi e prescrivendo cure che rispecchiano l’ordine del discorso della professione medica e i suoi presupposti economici e politici, senza prendere in considerazione l’ordine morale e culturale del malato e della sua comunità. Al contrario, i saperi e le pratiche terapeutiche tradizionali attingono le loro spiegazioni dall’universo simbolico e normativo che plasma le strutture del tessuto sociale entro il quale sono dislocati i soggetti. Tuttavia, vedremo anche come i diversi ordini esplicativi non costituiscono dei livelli completamente separati e non comunicanti tra di loro. Essi s’intersecano a vicenda, come avviene in ogni contesto di pluralismo medico, producendo una visione complessa della malattia che rivela tutto il suo carattere di realtà socialmente costruita. Allan Young sostiene che le elaborazioni della malattia sono complesse e spesso ambigue proprio perché gli informatori giustappongono diversi tipi di sapere. È da queste giustapposizioni che, alla fine, emergeranno i tratti pluridimensionali di una stessa debilitante malattia e le caratteristiche distintive della sue vittime, strutturate e plasmate da uno specifico universo valoriale, espressione a sua volta delle dinamiche sociali e delle disparità politico-economiche che caratterizzano la società etiope.
[1] Il concetto di modello esplicativo è stato elaborato da A. Kleinman (1978) e fa riferimento a un insieme di credenze che “contengono le spiegazioni di qualcuna, o di ciascuna, di queste cinque questioni: eziologia, sintomi iniziali, patofisiologia, decorso della malattia, terapia” (Kleinman, 1978, p. 9). Per Kleinman i modelli esplicativi costituiscono le affermazioni di malattia degli informatori, uno strumento per conferire ordine e significato a contingenze particolari.