Le cure biomediche e la prevenzione
L’unica cura possibile per eliminare totalmente una fistola è l’intervento chirurgico. L’operazione si rende necessaria per evitare un aggravamento del disturbo che, se trascurato, può cronicizzarsi e trasformarsi, con il tempo, in formazione cancerosa.
La riparazione della fistola vescico-vaginale e di quella retto-vaginale può avvenire per via vaginale o per via addominale. Nel caso della fistola vescico-vaginale si seguirà la prima via se la fistola non è molto ampia; al contrario, nel caso in cui la fistola sia di grandi dimensioni e poco accessibile per via vaginale si sceglierà di intervenire con la seconda opzione. Le stesse considerazioni valgono per la fistola di tipo retto-vaginale. Tuttavia, non sempre l’operazione chirurgica permette di riparare completamente la fistola ostetrica e, dunque, possono rimanere i sintomi dell’incontinenza urinaria associata a volte con quella delle feci. Uno studio[1] condotto presso il Fistula Hospital di Addis Abeba nel 1999 ha riportato che, nonostante l’elevato tasso di successi, la persistente incontinenza urinaria in seguito all’intervento chirurgico è riscontrabile nel 10-12% di donne operate. Anche durante le mie interviste è emersa la possibilità di un permanente, seppur ridotto, stato d’incontinenza legato alla gravità del danno subito durante il parto. L’impossibilità di guarire completamente dal disturbo mi è stata confermata sia dal medico chirurgo del Fistula Hospital di Mekelle, dove si è concentrata prevalentemente la mia ricerca, sia da alcune pazienti che erano state ricoverate più volte nella struttura poiché presentavano ancora, in seguito all’operazione, il debilitante problema di non riuscire a controllare l’urina.
Le fistole da parto sono malattie prevenibili grazie alle misure ostetriche di emergenza e sono curabili con gli interventi sopra descritti, ma possono risultare fortemente debilitanti, quando non fatali, se non trattate con le operazioni giuste.
Il taglio cesareo che preverrebbe l’insorgenza della fistola ostetrica e l’intervento chirurgico riparatore sono servizi garantiti nei paesi industrializzati mentre in quelli in via di sviluppo sono delle pratiche effettuate in pochissimi ospedali. Per giunta, spesso, questi ultimi si trovano a grande distanza dal luogo della partoriente, le strade di accesso verso la struttura medica più attrezzata sono quasi sempre in pessime condizioni, i costi che una famiglia deve affrontare per questo tipo di spostamento e di cure non sono sostenibili da tutti. L’insieme di tali fattori, uniti, come vedremo, ad una costruzione locale differente delle categorie eziologiche del problema rispetto alle categorizzazioni operate dalla biomedicina, allontanano i pazienti dalla scelta della risorsa biomedica, rendendo quasi impossibile l’accesso alle cure necessarie per prevenire l’insorgenza della fistola vaginale o per intervenire alla sua riparazione.
Le complicazioni durante il travaglio sono imprevedibili e possono riguardare qualsiasi donna in gravidanza, eppure la fistola ostetrica interessa esclusivamente le donne dei paesi in via di sviluppo e, all’interno di esse, soprattutto quelle che vivono nelle aree remote. Il fatto che una malattia potenzialmente possa interessare tutta la popolazione femminile, ma nella realtà dei fatti colpisce solamente una porzione ben delimitata di essa (ubicata nei Paesi poveri del mondo e, all’interno di essi, nelle fasce più emarginate della popolazione) ci induce a fare una riflessione. Come avviene per la maggior parte delle malattie, anche la fistola ostetrica è una patologia le cui cause non possono essere limitate all’evidenza dei dati clinici. “Far coincidere tutta la realtà della malattia con le sole dimensioni bio-psichiche individuali è una finzione squisitamente culturale” (Quaranta, 2006a). Le ragioni vanno ricondotte alle più ampie dimensioni storiche, politiche, economiche e culturali che caratterizzano ogni esperienza di malattia, ne condizionano la sua insorgenza e il suo decorso. Dal momento che alcune malattie sono diffuse soprattutto tra le popolazioni maggiormente impoverite, questo è dovuto al ruolo delle disuguaglianze locali, nazionali ed internazionali, e della violenza quotidiana funzionale a riprodurle, nel predisporre alcuni soggetti sociali e non altri a tali malattie. L’influenza dell’intreccio di questi fattori apparirà determinante nel proseguo del capitolo e in quello successivo, man mano che ci allontaneremo dall’approccio clinico che biologizza le forme di sofferenza, per avvicinarci ad un approccio in grado di riconoscere come molte forme di malessere siano l’incorporazione di dinamiche sociopolitiche ed economiche disequilibrate, che modellano l’individuale vissuto di malattia.
[1] C. Murray, J.T. Goh, M. Fynes, M.P. Carey, Urinary and faecal incontinence following delayed primary repair of obstetric genital fistula, BJOG: an International Journal of Obstetrics and Ginecology, vol. 109, pp. 828-832, July 2002.