Le Traditional Birth Attendants: un sapere tra tradizione e modernità
Continuando con le interpretazioni locali della fistola ostetrica, lo stesso universo eziologico riscontrato nelle conoscenze dei guaritori tradizionali è affiorato anche dalle concezioni che su questo problema hanno le Traditional Birth Attendants (TBAs), le levatrici tradizionali. Queste figure sono le depositarie privilegiate di un sapere che concerne il corpo di una donna e la sua salute. È a loro che la tradizione affida la conoscenza e i segreti del funzionamento corporeo dell’universo femminile, dei fattori (naturali e soprannaturali) che concorrono alla buona riuscita di eventi strettamente connessi con la femminilità e con i ruoli sociali della donna, come la gravidanza, il parto e il puerperio. La partoriente, così come la sua sfera domestica femminile, si rivolge alla tba di fiducia per avere consigli da seguire quando è incinta, su cosa le è concesso e su cosa le è proibito fare, mangiare, bere, e su come comportarsi. La tba viene consultata anche nel momento del parto, anzi è proprio lei che viene chiamata in casa per assistere la partoriente quando inizia il travaglio. Ed è sempre a lei che è demandato il compito di preservare la salute della puerpera e del neonato nel periodo immediatamente successivo al parto, quando entrambi si trovano ancora in una condizione di debolezza fisica e spirituale.
Considerando, dunque, il loro ruolo di prim’ordine nella gestione dell’evento parto, è interessante vedere come questo si configura nelle spiegazioni che le TBAs danno del problema in esame.
Innanzitutto dobbiamo precisare che nonostante la società riconosca a queste figure un sapere proveniente esclusivamente dalla tradizione, dalla trasmissione di conoscenze e di pratiche tramandate dagli antenati, molte di queste pratiche e di queste conoscenze sulla gestione della gravidanza e del parto sono state mediate, in tempi piuttosto recenti, dalla medicina moderna: esse rispecchiano delle strategie che riflettono interessi a livello globale. Infatti, dopo la dichiarazione di Alma Ata nel 1978, dal titolo “La salute per tutti entro il 2000”, il sapere tradizionale ha iniziato a giocare un ruolo strategico per la diffusione dell’assistenza sanitaria primaria su larga scala (PHC). L’obiettivo era quello di professionalizzare e standardizzare tutti i professionisti non operanti nel campo biomedico, ma che a livello locale avevano un ruolo attivo e riconosciuto nella gestione della salute e della malattia. Nel 1978 il governo di Menghistu (1974-1991) ha adottato ufficialmente la strategia di PHC promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Da allora ci sono state una serie di iniziative finalizzate alla costruzione di un processo di istituzionalizzazione delle pratiche terapeutiche locali. In realtà, secondo alcuni studiosi (Van der Geest, 1985; Wondwosen, 2006) le uniche figure parzialmente integrate nelle strutture di assistenza primaria sono state le Traditional Birth Attendants (TBAs), attraverso lo strumento dei training governativi. Questi ultimi hanno portato ad una progressiva medicalizzazione del periodo della gravidanza e del momento del parto, puntando soprattutto l’attenzione sui fattori di rischio connessi alla salute fisiologica della partoriente secondo una prospettiva biomedica, escludendo la sfera spirituale (Van der Geest, 1985). Si è cercato di debellare alcune pratiche ritenute dannose per la salute della donna come ad esempio la posizione da assumere durante il parto. Tradizionalmente le donne venivano fatte accovacciare per rendere la fuoriuscita del bambino più rapida, ma questa posizione favoriva anche una maggiore perdita di sangue e dunque aumentava il rischio di emorragie, che costituiscono una delle principali cause di mortalità materna. Si è cercato di estirpare anche pratiche quale l’uso di spalmare il burro sulla pancia della partoriente, che aveva lo scopo di ammorbidire il ventre della donna e di facilitare la pressione esercitata su di essa dalla levatrice. Allo stesso tempo, però, l’uso di alimenti rendeva la scena del parto un luogo igienicamente non idoneo all’evento, così come la presenza di altre donne intorno alla ragazza in travaglio non esplicitamente addette al parto. Per questo stesso motivo in ospedale, al di fuori del personale medico, non è concesso a nessuno di poter entrare nella sala parto.
In particolare, si è insistito molto sull’uso di strumenti che evitassero il contatto con il sangue per prevenire un possibile contagio da HIV. Non a caso la prima cosa che le TBAs mi dicono durante l’intervista è quella di utilizzare i guanti di lattice quando toccano la partoriente.
“Quando mi chiamano io vado nelle case, mi infilo i guanti e controllo la donna che sta per partorire” mi dice Mamma Tekean, ripetendomi più volte nel corso dell’intervista la sua osservanza di questa misura profilattica.
Tanta attenzione è stata posta anche sui pericoli improvvisi che possono insorgere nel momento del travaglio e che non sono fronteggiabili nel contesto casalingo, per la mancanza, da parte delle ostetriche tradizionali, di strumenti medici adeguati alle occorrenze di emergenza. Questi imprevisti potrebbero causare la morte del bambino e/o della madre, oppure potrebbero danneggiare gravemente la partoriente. Di tali ripercussioni le TBAs sono ben informate, tanto è vero che tutte le ostetriche tradizionali che ho intervistato hanno sostenuto che se un parto si presenta difficile non provano a far partorire la donna, ma la conducono immediatamente nella struttura sanitaria più vicina, “perché solo un medico può fronteggiare la situazione”.
“Io verifico se la partoriente ha la vagina stretta o no. Se la vagina è troppo stretta io non le dico di spingere forte ma la porto in ospedale”, è così che Mama Tekean previene i possibili danni di coloro che richiedono il suo aiuto.
“Io non faccio partorire ragazze troppo giovani perché non rientra nelle mie competenze. Fortunatamente Dio non mi ha mai fatto incontrare ragazze giovani o con parti difficili e anche se fosse io le porto subito in ospedale”, afferma Mama Alima, un’altra tba che ho intervistato ad Agula, una piccola cittadina non troppo distante da Mekelle.
Nonostante queste affermazioni sembrano rispecchiare poco veridicamente l’evenienza di tutti i casi incontrati dalle TBAs, soprattutto nei centri più lontani dai luoghi attrezzati di strutture mediche, sono illuminanti per far emergere la credenza che sia proprio il parto, specialmente quando avviene ancora in giovanissima età, una delle cause principali di problemi vaginali tra cui la fistola ostetrica.