Motivazioni di ordine ritual-religioso
Prima di iniziare ad analizzare i fattori che pertongono alla sfera ritual-religiosa è opportuno fare una distinzione tra il contesto rurale, dove rivolgersi alle TBAs per partorire in casa è quasi un obbligo, data l’assenza di altre figure alternative, e il contesto urbano dove fare riferimento alle ostetriche tradizionali si configura come una scelta ben precisa, legata al soddisfacimento di bisogni che nelle strutture biomediche non vengono presi in considerazione. Ad esempio, a Mekelle gli ospedali pubblici sono attrezzati per le emergenze e per i parti cesarei e sono un punto di riferimento per l’intera popolazione del Tigray e non soltanto per quella di Mekelle. Grazie al referral system, che si occupa del trasferimento della partoriente da una struttura non attrezzata per le emergenze (ad es. gli health center o gli health post) ad un ospedale equipaggiato a fronteggiare ogni rischio, la popolazione urbana e quella adiacente alle grandi strutture sanitarie, dovrebbe teoricamente essere propensa e avvantaggiata nella scelta di partorire in ospedale. Eppure la consuetudine di partorire secondo la tradizione (in casa) è lontana dall’essere una pratica obsoleta e in fase di abbandono. Questo perché la scelta di una risorsa piuttosto che un’altra non viene fatta solo tenendo conto di aspetti che hanno a che fare con la salute in senso stretto. Infatti, se nell’opinione comune e nell’ambito del sapere tradizionale, alla biomedicina viene riconosciuta un’efficacia maggiore rispetto alle pratiche tradizionali nel gestire un travaglio difficile, vista anche la possibilità della pratica chirurgica, essa perde la sua posizione dominante quando si tratta di tener conto di altri fattori che, nelle percezione locale, sono ritenuti fondamentali per la riuscita di un buon parto: fattori che concorrono a definire l’aspetto che ho chiamato ritual-religioso. Essi chiamano in causa in prima persona Maria, madre del Medhine Alem, ovvero Gesù, il salvatore del mondo, e protettrice della gravidanza e del parto nella tradizione religiosa etiope. Secondo la credenza, la figura della Santa aiuterà le partorienti nel momento del travaglio, come abbiamo già visto dalle spiegazioni che molte TBAs hanno sostenuto durante le interviste. Sebbene a molti dei santi della tradizione della Chiesa Ortodossa etiope corrispondano specifiche pratiche di cura, Mariam, per le donne, è probabilmente la più famosa per il suo potere terapeutico. Si crede che sia in grado di proteggere la salute delle donne, soprattutto in un momento delicato quale il parto. Per questo, al momento del travaglio, la TBA e tutto l’universo domestico che ruota attorno alla donna partoriente si predispone intorno a lei invocando Saint Mary e pregando affinché il suo spirito protettivo possa aiutare la ragazza a portare a compimento il parto con successo.
«L’invocazione a Maria consiste in una preghiera cantata che viene chiamata comunemente “Maria Maria”, in quanto proprio questa doppia invocazione è il modo in cui comincia la preghiera. Non esiste un testo preciso cui fare riferimento nel cantare l’invocazione, centrale è il nome di Maria che viene ripetuto di continuo, inframmezzato da alcune frasi di preghiera. Tra quelle citate più spesso ho riscontrato: “ascolta le nostre preghiere”, “per favore aiutaci”, “non dimenticare le tue promesse”, “dalle misericordia” “falle un piacere” e l’eloquente “aprila, aprila”. Tutte queste invocazioni sono propedeutiche al parto in quanto ascoltando le preghiere congiunte delle donne, Maria aiuterà la partoriente»[1].
Insieme all’attendente, la scena del parto tradizionale richiede la presenza di altre persone (TBA, madre, sorelle, vicine) che favoriranno il parto pregando. La preghiera a Maria è un fatto esclusivamente di donne; gli uomini aspettano in un’altra stanza e si danno da fare in altri modi.
Grazie all’invocazione a Maria, durante il parto si viene a creare un’atmosfera emotiva e sacrale di tranquillità e sicurezza, data dalla condivisione dello stesso universo valoriale. Un’atmosfera che è impossibile riprodurre in un’asettica sala operatoria, dove l’ingresso al personale extra sanitario è assolutamente vietato per ragioni di sicurezza e d’igiene. Quindi l’universo domestico, costituito da sole donne, che nella pratica tradizionale ha un ruolo attivo nel portare a termine con successo il parto, viene completamente escluso dalla pratica biomedica e relegato al di fuori dalla sala parto. L’impossibilità per la partoriente di condividere questo momento con le figure della tradizione e della sua quotidianità, attraverso la condivisione di credenze comuni, rende il parto un evento meno naturale e maggiormente sottoposto a rischi, con conseguenze negative per la buona riuscita dell’evento. È per questo insieme di fattori che molte donne incinte dei centri urbani preferiscono portare a termine la gravidanza secondo le norme rassicuranti della tradizione.
[1] Serena Corrado (2010) (Tesi di Laurea), Urban delivery: percorsi di ricerca e mantenimento della salute riproduttiva a Mekelle, Etiopia.